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La Mindful Interbeing Mirror Therapy (MIMT)®, ideata da Alessandro Carmelita e Marina Cirio, è un approccio innovativo che si basa sull’utilizzo di uno specchio durante la seduta di terapia.

Il riconoscimento della propria immagine allo specchio è associato al processo di costruzione dell’identità.

Lo scopo è quello di favorire l’accesso alla parte emotiva, aiutando la persona a ricostruire un sé integrato, che metta in relazione la parte sana e la parte sofferente del paziente attraverso un’auto–compassione profonda.

Di che cosa si tratta?

Lo studio della personalità umana ha messo in luce l’innegabile impatto che le relazioni di attaccamento e le prime esperienze traumatiche hanno sulla costruzione del sé.

La sofferenza psicologica può essere analizzata a partire dal livello di Integrazione del sé e dalla capacità dell’individuo di interagire con il mondo esterno.

Partendo da questo presupposto, l’identificazione, la definizione e l’integrazione delle varie parti della personalità è di fondamentale importanza.

La Mindful Interbeing Mirror Therapy (MIMT)® è un approccio terapeutico completamente innovativo basato sull’utilizzo di uno specchio all’interno del setting terapeutico.

La validità di questa innovativa modalità di intervento è supportata dai suoi fondamenti teorici, che comprendono non solo i più recenti studi di ricerca nel campo delle neuroscienze, ma anche una serie di efficaci studi clinici.

La mirror therapy può essere vista come una combinazione unica di interventi terapeutici che aiutano il cliente a ricostruire un sé integrato, lavorando allo stesso tempo sulla relazione con l’altro.

Negli ultimi cinque anni è stata sviluppata una specifica procedura di intervento e i terapeuti hanno scoperto un modo nuovo per aiutare la persona a integrare le proprie parti interiori attraverso un’auto-compassione profonda e trasformativa.

Perchè lo specchio?

Il riconoscimento della propria immagine allo specchio è associato al processo di costruzione dell’identità.

Il riconoscimento del proprio volto riflesso nello specchio, inoltre, attiva zone specifiche dell’emisfero destro, deputato al riconoscimento di sé, dei volti umani e all’elaborazione del flusso di informazioni emotive presenti in una comunicazione Interattiva.

Se nello sviluppo individuale il processo di costruzione di sé parte dal riconoscimento allo specchio, possiamo pensare che lo specchio sia un ottimo campo da gioco per lavorare.

Sull’integrazione delle parti di sé, un modo efficace per ricostruire un sé completo, integrato e coeso al suo interno. Una psicoterapia indirizzata alla ri-costruzione del sé e al rafforzamento delle funzioni integrative di coscienza può migliorare la propria efficacia utilizzando lo specchio in modo consapevole, riattivando le aree coinvolte nel riconoscimento di sé e nel processo di costruzione della propria identità.

Lo specchio può produrre un senso di alienazione e favorisce un lieve grado di dissociazione, quindi, in una condizione in cui l’individuo è soggetto e oggetto contemporaneamente, questo stato di coscienza lievemente alterato risulta molto produttivo in terapia.

Diventa più facile lavorare con le parti distinte della personalità del paziente, definendole e differenziandole, per poi integrarle in un sé più armonico e coeso.

Come funziona?

Il protocollo prevede un intervento specifico e differenziato nei confronti delle diverse parti della personalità.

Il terapeuta, insieme al paziente, osserva il cambiamento dell’immagine nello specchio e registra l’attivazione delle diverse parti, favorendo l’accesso alla parte emotiva.

Ogni parte della personalità trova spazio all’interno della cornice dello specchio e il terapeuta, anch’egli all’interno della stessa dimensione, interviene in modo differenziato.

Si lavora sull’attivazione momento per momento, ma si lavora anche sulla ricostruzione della propria storia, a partire dalle prime fasi di vita, sia ad occhi aperti che in immaginazione.

L’obiettivo della terapia è la costruzione di una relazione compassionevole tra la parte sana del paziente e la parte sofferente, emotiva.

Allo stesso modo, la capacità di provare compassione viene estesa alla dimensione relazionale, lavorando momento per momento sulla relazione terapeutica e, gradualmente, sulla generalizzazione alla vita del paziente.

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